L’emozione della scoperta della Gubbio romana si coglie appieno in un piccolo, straordinario Antiquarium, ricostruito dalla Soprintendenza alle Antichità dell’Umbria all’interno di una casa colonica, nelle immediate vicinanze del Teatro romano. Il casale, articolato su due piani, fu edificato sopra i resti di una domus, abitata per almeno trecento anni, dal I secolo a.C. al II secolo d.C.
Una pianta della città di Gubbio, disegnata intorno al 1640 da Ignazio Cassetta e poi stampata da Pierre Mortier (1663) mostra l’isolato edificio rurale proprio di fronte al grande monumento deputato agli spettacoli pubblici. Una dimora signorile, non solo per l’ampiezza dell’impianto architettonico ma anche per il gusto e la cura che gli antichi proprietari dedicarono alla scelta dei magnifici pavimenti a mosaico.
Arte paziente e costosa. Quattro ambienti, tre dei quali allineati e comunicanti, si affacciano sul peristilio, il cortile circondato da porticati. Nel tablinum, la stanza di rappresentanza in asse con l’ingresso, la cornice del mosaico presenta una decorazione a meandri nella quale si alternano quadrati e motivi a clessidra, cinti ai quattro lati da rappresentazioni di armi: elmi, scudi, pelte e insegne della gloria di Roma.
La lotta di Ulisse contro Scilla
Al centro della composizione, un raffinato emblema (II secolo a.C.) molto più antico del tappeto musivo, descrive uno dei più celebri episodi dell’Odissea: la lotta di Ulisse contro Scilla. La rappresentazione era diffusa nell’antichità. Basti pensare al gruppo scultoreo di Sperlonga. Ma il mosaico conservato a Gubbio, ispirato a modelli pittorici di età ellenistica, è l’unico al mondo in cui sono presenti, in modo minuzioso, tutti gli elementi descritti da Omero.
Minuscole tessere di pietra e di pasta vitrea, disposte in maniera asimmetrica, seguono il contorno delle immagini, secondo la tecnica dell’opus vermiculatum.
Scilla, figlia della dea Crateide, guardiana degli abissi e metafora della morte, è al centro di una vivida scena che si staglia su un fondo scuro: dal nudo torso di donna fuoriescono lunghe spire a forma di serpenti marini che avvolgono i corpi dei compagni di Ulisse mentre le teste dei cani feroci che emergono dal corpo della ninfa, azzannano gli atterriti marinai. Ulisse, appena difeso da uno scudo, ha la forza di scagliare una lancia contro il mostro. Dietro l’eroe, appare un timoniere: il suo sguardo, atterrito, è puntato su Scilla, il destino di morte dal quale fuggire.
L’antiquarium
All’interno dell’antiquarium il racconto della città romana si dipana attraverso pannelli esplicativi e reperti archeologici che arrivano dagli scavi della città e delle vicine necropoli.
Altri mosaici policromi raffigurano animali marini. Colpiscono tre recipienti usati per mescolare l’acqua con il vino: crateri a vernice nera in metallo prezioso. E un altro vaso attico del V secolo avanti Cristo con la raffigurazione del mito di Borea, l’alato e barbuto vento del nord, che rapisce Orizia, personificazione della brezza leggera che arriva dopo le freddi correnti settentrionali.
Dalla tomba di Iside, di età imperiale, arrivano alcuni incensieri e un sistrum, lo strumento per la musica usato nelle mascherate cerimonie isiache. Poco lontano, una piccola stadera, la bilancia in bronzo basata sul principio della leva. E un’antica moneta della zecca, la cui legenda testimonia l’orgoglio di una appartenenza: Ikuvins.