- Secondo una recente ricerca glottologica, i Paleoumbri ebbero un ruolo centrale nella trasmissione della parola “vino” ai Romani
- Se il nome del vino fosse stato trasmesso al latino dai Greci di età storica sarebbe documentato come voinum o voenum, almeno fino al III sec.a.C. e invece la forma vīnum è così testimoniata fin dal VI sec.a.C
Le testimonianze archeologiche
Gli scavi archeologici degli ultimi decenni hanno rivelato che verso la fine dell’Età del Bronzo, tutte le coste italiane videro la presenza di fondaci, magazzini di merci che gli antichi mercanti possedevano in empori stranieri, riconducibili agli Achei (che vanno sotto il nome di Micenei). Si tratta della stessa epoca in cui l’Italia era abitata dagli Umbri/Ombrikòi, o Paleoumbri che dir si voglia.
Le testimonianze linguistiche
Gli studi del linguista e filologo Emilio Peruzzi hanno dimostrato che numerosi termini micenei entrarono nelle esperienze culturali delle genti del tempo presenti in Italia. Queste parole, tramandate da una generazione all’altra e da un popolo all’altro, sono giunte fino al latino.
Su questa base si colloca anche la recente ricerca glottologica che ha mostrato come il nome stesso del vino e la tecnica della vinificazione siano entrati in Italia tramite la mediazione dei colonizzatori micenei, che li hanno insegnanti al popoli della civiltà “paleoumbra”. Gli Umbri trasmisero poi parole e tecniche alla cultura romana.
Infatti, se il nome del vino fosse stato trasmesso al latino direttamente dai Greci di età storica (cioè dai popoli che abitarono la Grecia dopo l’VIII secolo a.C.), sarebbe documentato come voinum o voenum, almeno fino al III secolo a.C., visto che il latino risolve il dittongo greco oi in ī solo dal III secolo a.C. in poi.
Invece la forma vīnum è così testimoniata fin dal VI secolo a.C.: senza la mediazione paleoumbra, che risolveva da sempre i dittonghi in semplici vocali, il termine miceneo woinos non sarebbe diventato vīnum.
E insieme furono trasmesse ai Romani per la stessa via parole e nozioni legate all’arte del vino, che in latino si spiegano solo come pertinenti a una lingua con le caratteristiche fonologiche del paleoumbro, come rumpus “tralcio della vite”, pampinus “germoglio della vite”, tartarus “tartaro”, buttis “botte”, per finire con il nome della selvatica uva labrusca dalle molte varietà.