La cerimonia del rinnovo annuale del patto federale nella Tavola II.b delle Tavole Eugubine, rivela che la comunità iguvina era a capo di una “decade”, una confederazione di 20 comunità quasi tutte sul versante adriatico dell’Appennino, come già suggeriva l’identificazione che il glottologo Giacomo Devoto aveva proposto tra comunità Atiediate e Attidium (presso Fabriano).
Tanto più che nella Tavola V.b si consegna a Iguvium, l’antico nome di Gubbio, il «farro prodotto nell’agro Tlazio del Piceno e quello prodotto nell’agro di Casilo del Piceno».
Purtroppo non si può individuare con certezza la collocazione di tutte le singole comunità citate nel patto, ma è indubbio che la confederazione si estendeva entro un ampio territorio i cui confini erano segnati dalle popolazioni contro le quali si invocano le ire divine (Tavola VI.b), cioè la comunità tarsinate, la nazione etrusca, quella naharca e quella japuzka.
Questa antichissima configurazione geopolitica si formò per gli evidenti vantaggi economici e militari che il controllo delle valli trasversali dal mare all’interno offriva alle singole comunità: benché ognuna dovesse cedere una parte della propria sovranità, la “decade” in cambio offriva protezione alla transumanza e alle vie commerciali, garantiva il profitto derivante dalle imposte doganali sulle merci, e permetteva una “politica militare” unitaria di difesa e di offesa.