- Il Tempietto del Clitunno si trova in provincia di Perugia, nella frazione di Pissignano del Comune di Campello sul Clitunno
- Goethe e Byron contribuirono a far conoscere il Tempietto e a promuovere l’interesse degli studiosi per la sua conservazione
- Il Tempietto è l’esempio di come fosse diffuso il riutilizzo di materiali antichi provenienti da complessi edilizi romani preesistenti come ville e terme presenti nei dintorni
La storia del Tempietto
Il Tempietto del Clitunno è una rara testimonianza del passato longobardo di questa valle, dal 2011 è parte del sito seriale UNESCO “I Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568-744 d.C.)”, insieme alla chiesa di Salvatore di Spoleto e ad altri sei gioielli architettonici italiani. Quest’area è ricordata da Plinio il Giovane per la bellezza del paesaggio e l’abbondanza di acque confluenti nel fiume, lungo il quale sorsero numerosi sacelli (edifici di culto) dedicati al dio Clitunno.
Il Tempietto resta in uso durante il Medioevo senza subire danni evidenti; nei secoli successivi è citato come chiesa rurale, nobilitata tuttavia dalla sua antichità e dagli splendidi ornamenti lapidei. Nel corso del Rinascimento lo stile classicheggiante dell’edificio entusiasma gli architetti Francesco di Giorgio Martini, Antonio da Sangallo il Giovane, Andrea Palladio, che ne eseguono disegni fondamentali per lo studio del monumento ancora completo in tutte le sue parti.
Dopo il violento terremoto del 1730 e delle spoliazioni che ne seguirono, il Tempietto ha parzialmente perso i portichetti laterali. Dalla fine del Settecento artisti e letterati – tra cui Goethe, Byron, Herder – contribuirono a far conoscere il Tempietto e a promuovere l’interesse degli studiosi per la sua conservazione. Nel 1894 vengono avanzate le basilari proposte di recupero e poco dopo sono eseguiti i primi rilievi architettonici, assieme al censimento dei pezzi lavorati provenienti dalla struttura e presenti in zona. Ritenuto a lungo un sacello romano, oggi la cronologia dell’edificio è circoscritta all’età longobarda, con un’oscillazione tra gli inizi del VII e il pieno VIII secolo.
La struttura del Tempietto
L’edificio ha la forma di un tempietto classico in antis: su un alto podio poggiano quattro colonne di stile corinzio sormontane dal timpano. Alcuni blocchi in opera nella base mostrano tracce di grappe in ferro che suggeriscono un loro precedente impiego. Il Tempietto, infatti, testimonia il diffuso riutilizzo di materiali antichi provenienti da complessi edilizi romani preesistenti quali ville, terme ed edifici pubblici eretti nei colli circostanti.
Nel basamento è ricavato un vano a forma di T, al quale si accede attraverso un arco centinato; l’angusto spazio termina a ridosso della roccia dove si scorgono residui di incrostazioni formate da acque sorgive. Le pareti del vano sotterraneo sono rivestite da lastre di pietra, probabilmente di recupero, originariamente ricoperte di intonaco di cui rimangono ancora numerose porzioni.
Nel complesso si distinguono almeno due fasi costruttive ravvicinate. Alla prima appartiene un vano unico coperto da volta a botte, corrispondente alla cella dell’attuale costruzione. In un secondo momento è ampliata la terrazza, per consentire la realizzazione del vestibolo, e sono aggiunti due ambienti porticati con scale d’accesso. A questa fase va attribuita anche la realizzazione dell’abside aggettante, che comportò la demolizione dell’originaria parete di fondo e la costruzione della nuova, sormontata da un frontone iconograficamente vicino a quello nella facciata anteriore.
Sull’architrave corre l’iscrizione dedicatoria in caratteri romani di stile classico: SANCTUS DEUS ANGELORUM QUI FECIT RESURRECTIONEM (Dio santo degli angeli che ha effettuato la resurrezione).
Altre due iscrizioni sugli accessi a nord e a sud invocavano il Dio degli apostoli e il Dio dei profeti. Il colonnato è sormontato da una trabeazione ionica con timpano adorno di volute racemate e fogliate che incorniciano una croce latina monogrammatica.
La cella è costituita da un piccolo vano con volta a botte. Sulla parete di fondo si conservano i resti di un’edicola marmorea realizzata con il reimpiego di elementi scultorei di I sec. d.C. Alla fase longobarda appartengono, invece, le lastre scolpite poste a raccordo tra l’arco e il timpano triangolare. Lo stile neo-attico con volute vegetali e racemi è imitato per armonizzare il complesso; le decorazioni sono state eseguite con grande abilità tanto da rendere difficile la distinzione delle parti più nuove da quelle più antiche.
Al secolo VIII risalgono gli affreschi: Cristo Pantocratore, con il libro adorno di gemme, sovrasta le figure degli Apostoli Pietro e Paolo; il primo impugna la croce astata e l’altro alza la mano destra nel gesto dell’acclamazione lasciando intravedere un volume nella mano sinistra velata. In alto rimangono due Angeli, un tempo posti ai lati di una croce gemmata non più visibile.
Lo stile generale con cui è concepito il Tempietto e il linguaggio classicheggiante che emerge, sia dai reimpieghi che dagli ornamenti appositamente disegnati ed eseguiti, suggeriscono per la committenza l’identificazione con alcuni membri della famiglia ducale longobarda, intenzionati a rimarcare il proprio status e il prestigio di rango attraverso l’evocazione della grandezza di Roma e l’associazione a quel nobile passato.